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IN EUROPA CASO CREVOLE-CREVOLICCHIO

Laura Agea, Dario Tamburrano e Fabio Massimo Castaldo hanno presentato un’interrogazione alla Commissione Europea sul caso finanziamento delle 19 briglie nei torrenti Crevole e Crevolicchio per il quale ci spendemmo chiedendo al Consiglio regionale di fermare il progetto (il PD votò contro).

Come ha spiegato Laura nel suo comunicato la Regione Toscana, nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020, ha finanziato una serie di progetti per realizzare delle opere idrauliche che, piuttosto che la salvaguardia delle foreste, sembra servano alla costruzione di opere di difesa idraulica rientranti invece nelle competenze ordinarie della stessa Regione e dei consorzi di bonifica da essa delegati.

I gruppi locali M5S insieme ad organizzazioni come WWF Italia hanno denunciato pubblicamente il fatto che i 1,25 milioni di euro di finanziamento europeo non servano in effetti a tutelare le foreste ma a realizzare 19 briglie nei torrenti Crevole e Crevolicchio.

Laura, Dario e Fabio Massimo hanno chiesto giustamente una verifica sulla rispondenza tra progetto e scopi del Fondo comunitario dedicato allo sviluppo rurale. E se la verifica desse gli esiti che pensiamo, hanno domandato di procedere con la sospensione del contributo.

Abbiamo bisogno di interventi per la messa in sicurezza del territorio che non sprechino soldi pubblici e che siano valutati gli impatti ambientali e la compatibilitĂ  con l’assetto idrogeologico.

Ancora una volta il Movimento 5 Stelle si dimostra compatto su tutti i livelli istituzionali nel difendere questo indirizzo.

AFFARI DI SANGUE #3

Ci siamo occupati del sistema sangue regionale in molte occasioni.

Grazie ad una serie di interrogazioni siamo riusciti a far emergere lo scellerato disegno perpetuato da chi governa la Regione a vantaggio di una industria privata legata al senatore PD Andrea Marcucci, oggi capogruppo a Palazzo Madama.

Come annunciato, la nostra “inchiesta per interrogazioni” sul sistema sangue toscano continua e continuerĂ .

Ho infatti protocollato qualche giorno fa un’interrogazione alla giunta regionale relativa ad una girandola di incarichi legati a quel sistema e in particolare al Centro Regionale Sangue.

Il Centro Regionale Sangue è una struttura regionale del governo clinico. Alla sua guida il Presidente della Giunta regionale Enrico Rossi mise il 1 dicembre 2008 la Dr.ssa Simona Carli divenuta poi a fine agosto 2013 anche Direttrice Sanitaria dell’ASL Prato, mantenendo un “supporto volontario e gratuito” col Centro Regionale Sangue, da cui rassegnò infine le proprie dimissioni l’8 novembre 2013.

La Dr.ssa Carli è tornata alla Direzione del Centro Regionale Sangue per un secondo mandato decretato dal Presidente della Giunta Regionale, sempre Enrico Rossi, il 3 marzo 2016.

Questo secondo mandato si è concluso a fine gennaio scorso con una mossa particolare: la Direttrice Generale dell’AOU Careggi uscente, Monica Calamai, ha disposto a far data dal 1 febbraio 2018 il rientro in Azienda della Dott.ssa Simona Carli, per esigenze di carattere organizzativo. In quello stesso giorno, 31 gennaio 2018, il Direttore Generale emette un provvedimento per nominare la Dr.ssa Carli “Direttore della Struttura Semplice U.O. Formazione dell’AOU Careggi”, incarico ricoperto ad interim dal Dott.Enrico Masotti, assegnato temporaneamente alla Direzione diritti di cittadinanza e coesione sociale dal 1/2/2018.

La questione è appunto “particolare” su diversi aspetti, tutti riassumibili nelle domande che ho posto alla Giunta regionale sul caso. Soprattutto la prima: cioè quali siano le “ragioni organizzative” che hanno portato Calamai a chiedere il rientro a Careggi dell’attuale Direttrice del Centro Regionale Sangue con l’incarico di primario dell’U.O. Formazione.

Parliamo di un doppio incarico del quale al momento ignoriamo l’eventuale retribuzione e l’eventuale doppio stipendio.

Ma soprattutto parliamo di una scelta strana, compiuta prima del giro di valzer degli incarichi apicali regionali che hanno portato Calamai a dirigere la poltrona piĂą ambita della macchina amministrativa legata a sanitĂ  e sociale.

Dato che proprio il Centro Regionale Sangue è responsabile di alcuni passaggi di quello scellerato disegno del sistema sangue regionale di cui abbiamo parlato nelle puntate precedenti (#1, #2), la particolarità dei tempi e delle modalità di questa nomina mi ha incuriosito e ho ritenuto opportuno chiederne conto alla giunta regionale.

Attendiamo risposta e considerazione massima da chi potrebbe e dovrebbe mettere un occhio su quanto è successo e continua a succedere negli affari di sangue toscani.

PRIVATIZZANO LA SANITĂ€ TOSCANA, A CARTE SCOPERTE

Oggi decine di migliaia di cittadini toscani hanno potuto leggere su un articolo di stampa (fonte La Repubblica Firenze) che la ASL Toscana Centro ha approvato una delibera che certifica la privatizzazione in atto della sanitĂ  toscana.

Cosa dice la delibera? Invita i privati – cioè societĂ  o associazioni o cooperative – a presentare manifestazioni di interesse per il “progetto sperimentale acquisizione prestazioni specialistiche ed ecografiche a livello zonale per contenimento liste d’attesa”.

Traduciamo: siccome il servizio sanitario pubblico non riesce a garantire delle liste d’attesa decenti per 36 mila ecografie e 36 mila visite, allora la ASL Toscana Centro consente ai privati vincitori del bando di essere inseriti nel database del CUP e far risultare le disponibilitĂ  dei propri ambulatori e professionisti quando il cittadino o la cittadina bisognosa di quelle ecografie e di quelle visite si rivolgerĂ  allo sportello del Centro Unico di Prenotazione (a sua volta giĂ  gestito da privati).

Quanto si prenderanno i privati per questo? 2,8 milioni di euro per un anno.
Come se li prenderanno? Riscuoteranno il ticket dai pazienti non esenti e poi compenseranno con ASL la differenza.

Sin dalla campagna elettorale abbiamo tentato di spiegare in ogni modo che chi governa oggi la Regione voleva la privatizzazione della sanitĂ .
Lo abbiamo ribadito da dentro il Consiglio regionale, innumerevoli volte.

Spesso ci è stato chiesto da chi governa di portare delle prove e le abbiamo portate più volte. Ma qui siamo ben oltre la prova.

MODELLO LOMBARDO CI STA INVADENDO
Qui siamo alla messa a regime dell’importazione di quel modello sanitario lombardo che da sempre solo noi, come forza di governo, abbiamo contestato in Toscana. E sul punto sono tutti d’accordo, centrosinistra e centrodestra, con rare eccezioni personali o di corrente.

Il modello lombardo sta invadendo la Toscana e temiamo che qui trovi terreno fertile anche perché il privato sociale, che da no profit diventa profit, è letto da alcuni come serbatoio elettorale e il privato puro è letto da altri come fonte di finanziamento potenziale.

Ecco perchĂ© la delibera dell’ASL Toscana centro segna uno spartiacque fondamentale e va compresa partendo da una domanda: perchĂ© il sistema sanitario pubblico davanti all’obiettivo di ridurre le liste d’attesa sceglie di non assumere personale, non far lavorare di piĂą e meglio le macchine pubbliche, optando invece per favorire ancora di nuovo il privato?

PRIVATO IN SANITĂ€? SOLO PER EMERGENZA
Far lavorare il privato in sanitĂ  non conviene, se non in ottica emergenziale. Quindi perchĂ© chi governa contribuisce a creare l’emergenza per poi trovarsi nella necessitĂ  inevitabile di scegliere l’opzione privata?

Governare l’esistente significa affrontare l’emergenza, quindi è comprensibile la delibera per garantire il servizio. Su questo siamo assolutamente d’accordo, perchĂ© la prioritĂ  del servizio sanitario pubblico dev’essere la garanzia di un ottimo servizio, in tempi rapidi, per la cittadinanza.

Ma il vero buon governo lavora sulle cause che hanno generato l’emergenza, per rimuoverle nel medio lungo periodo.

E per questo presenterò un’interrogazione question time alla giunta regionale dove chiederò esattamente perchĂ© non ha ancora avviato l’impresa virtuosa di riqualificazione del sistema sanitario regionale pubblico, affrontando le cause dei problemi che inducono oggi questo sistema a cercare all’esterno, con le prestazioni private, la mano necessaria per soddisfare i bisogni di salute della cittadinanza.

INCHIESTA ASL SU ODISSEA PAZIENTE ELBANO (DOPO NOSTRA INTERROGAZIONE)

Pegaso bloccato dal maltempo nell'ottobre 2013 (foto La Gazzetta di Volterra) Potrebbe interessarti: http://www.pisatoday.it/cronaca/pegaso-utilizzo-volterra.html Seguici su Facebook: http://www.facebook.com/pages/PisaToday/163307690398788 http://www.pisatoday.it/cronaca/pegaso-utilizzo-volterra.html

L’11 aprile ho protocollato un’interrogazione su un fatto di cronaca di malasanitĂ  che mi aveva colpito.

Il 4 aprile un paziente di 77 anni colpito da ictus cerebrale sull’Isola d’Elba, valutato da “codice rosso”, è arrivato al Pronto Soccorso dell’ospedale di Portoferraio e dopo aver subito un intervento di trombolisi non ha potuto essere trasferito a Pisa, e ricevere quindi le cure adeguate e tempestive indicate dai medici, a causa dell’impossibilitĂ  di volo dei due elicotteri Pegaso di base a Grosseto e Massa, fermi a causa della scarsa visibilitĂ . Un problema che, a quanto ha scritto la stampa in merito, avrebbe tenuto fermo anche l’unico altro elicottero disponibile: quello della Marina di stanza a Sarzana.

Questo povero paziente sarebbe stato così portato dall’ospedale al porto – per giunta tramite un’ambulanza arrivata da Porto Azzurro – per fargli attraversare il mare con un mezzo nautico, ma una volta arrivati a Portoferraio il progetto di utilizzare una motovedetta della Capitaneria di Porto è naufragato per l’impossibilitĂ  di caricare la barella dove il paziente era “spinalizzato” sul natante disponibile, perchĂ© l’altro (probabilmente adatto) era a Viareggio per manutenzione.

Il paziente è stato “caricato” quindi – con una scelta estrema ma inaccettabile – sul normale e lento traghetto “Moby Kiss” che, arrivato a piombino alle 14.40, ha permesso al paziente, tramite ambulanza, di arrivare a Pisa per le 16, quindi ore dopo l’evento infausto.

Dato che non è in nessun modo e per nessuna ipotesi accettabile un simile lasso temporale alla luce di quanto previsto dalle linee guida in materia, avevo presentato un’interrogazione all’assessorato alla sanitĂ  regionale, chiedendo risposta ad alcune domande precise sull’accaduto, tra le quali quali azioni verranno intraprese per identificare e sanzionare i responsabili anche in relazione al risarcimento che potrĂ  essere richiesto e dovuto al paziente, nonchĂ© per evitare che quanto avvenuto possa mai ripetersi, e contestualmente in che modo il paziente verrĂ  valutato – e risarcito – anche in relazione ai danni eventualmente causati o concausati dal ritardo.

Ho chiesto anche copia e valutazione della congruità di quanto accaduto con il “Contratto di Servizio” stipulato per il servizio di Elisoccorso 118 competente nell’ipotesi e insistente sull’area dell’evento.

Bene a pochi giorni di distanza dal protocollo dell’interrogazione apprendo dalla stampa che l’Azienda ASL Toscana Nord Ovest ha deciso di aprire un’indagine interna sul caso. Pare dopo una riunione che, per caso, sarebbe avvenuta proprio il giorno del protocollo dell’interrogazione – mercoledì 11 aprile – tra vertici ASL e Conferenza dei sindaci sulla sanitĂ  elbana.

Che interessante coincidenza.

Attendiamo quindi sia i risultati dell’inchiesta sia la risposta alla nostra interrogazione.

Ma soprattutto attendiamo e continueremo a chiedere con forza che il sistema sanitario regionale assicuri agli elbani la capacitĂ  di risposta ai loro bisogni di salute con lo stesso livello di prestazione oggi dato ai cittadini di Livorno, Pisa o la piĂą vicina Piombino.

SPINRAZA, SPERANZA IN RITARDO

La SMA è una grave patologia neurodegenerativa. L’acronimo sta per atrofia muscolare spinale rappresenta ed è una malattia delle cellule nervose del midollo spinale, quelle da cui partono i segnali diretti ai muscoli. Colpisce i muscoli volontari usati per attività quotidiane quali andare carponi, camminare, controllare il collo e la testa, deglutire.

Fino ad oggi la SMA è stata la prima malattia genetica per mortalità in età infantile.

Per curare la SMA la ricerca ha fatto grandi passi avanti e un momento importante è arrivato con la pubblicazione sul The New England Journal of Medicine dei risultati della fase finale di uno studio molto importante sulla molecola nusinersen (commercializzata con il brand name di Spinraza).

Da settembre 2017 la Spinraza può essere utilizzabile in Italia, in regime di rimborsabilitĂ  dal Sistema Sanitario Nazionale, per il trattamento dell’atrofia muscolare spinale (SMA) 5q. Lo ha deciso AIFA che ha ricordato ai referenti regionali ed ai medici i passi da compiere nelle more della piena attuazione del registro di monitoraggio web based (entrato poi in funzione a partire dal 11/12/2017, come piattaforma web specifica per il Registro del medicinale SPINRAZA).

Nel dettaglio, si ricordava “ai referenti regionali, che non lo avessero ancora fatto, di procedere all’abilitazione dei Centri sanitari autorizzati accedendo al sistema” e si informava “i medici che sarà possibile anticipare la registrazione della scheda Anagrafica dei pazienti sulla piattaforma web.”

Da specifiche segnalazioni a me arrivate risulta che per i bambini i trattamenti, presso l’Ospedale Meyer di Firenze, siano iniziati solo a gennaio del 2018.

In relazione ai ragazzi maggiori di 18 anni, però, le stesse segnalazioni riportano come in Toscana non sia ancora iniziato il trattamento, nonostante il centro di riferimento dovrebbe essere già stato individuato nell’ U.O. Neurologia del Santa Chiara di Pisa.

Questo ritardo mi ha preoccupato, perchĂ© è evidente dal punto di vista medico e scientifico l’importanza della pronta e agevole somministrazione gratuita, che tra l’altro occorre ripetere piĂą volte in regime ospedaliero.

Per questo ho presentato un’interrogazione dove ho chiesto alla giunta regionale se la segnalazione è esatta, quindi i ritardi sono confermati e ancora deve partire la somministrazione del farmaco Spinraza, in centri toscani, per i pazienti di oltre 18 anni. Vogliamo saperlo quanto prima e capire quando la somministrazione avrĂ  inizio e quali misure la giunta regionale vuole prendere per individuare e sanzionare le responsabilitĂ  del ritardo.

FITOFARMACI INQUINANO NOSTRE ACQUE SOTTERRANEE

Di recente ARPAT ha pubblicato uno specifico dossier che ci ha preoccupato. La pubblicazione descrive la presenza di contaminazioni nelle acque sotterranee, superficiali e di quelle destinate alla potabilizzazione nella provincia di Pistoia.

I dati sono relativi al 2016 e il quadro è allarmante a nostro parere.

Citiamo alcuni passaggi, li trovate tutti qui

“Per quanto riguarda le acque superficiali il superamento dello Standard di QualitĂ  Ambientale per i Pesticidi Totali nel 2016 si è avuto in 6 stazioni su 14; il superamento dello Standard di QualitĂ  Ambientale per singolo principio attivo come media annuale si è avuto in 10 stazioni, dei quali cinque casi sono stati determinati soltanto da Glifosate e/o AMPA“.

“Le aree maggiormente interessate da inquinamento da fitofarmaci sono risultate quelle dei corsi d’acqua della pianura pistoiese a sud-est della cittĂ ”.

“I valori della media annua dei Pesticidi Totali in questi corsi d’acqua sono risultati molto alti, oltre trenta volte il limite per il Fosso Quadrelli, 20 volte per la Brana”.

“Per quanto riguarda le acque destinate alla potabilizzazione si sono riscontrati alcuni superamenti nelle stazioni poste sul torrente Vincio di Montagnana e sul lago Falchereto (Quarrata)”.

Pochi forse sanno che entro il 2021 la piana pistoiese deve raggiungere l’obiettivo di Buono Stato ecologico per la classificazione dei corpi idrici superficiali. Ci sembra chiaro che con questi dati 2016 rilevati da ARPAT, anche confrontandoli col passato, è chiaro che l’obiettivo è complicato da raggiungere perchĂ© l’inquinamento delle acque sotterranee della piana pistoiese è pressochĂ© costante.

Per cambiare rotta bisognerebbe secondo noi limitare al minimo l’uso dei diserbanti e promuovere pratiche agronomiche che riducono il ruscellamento delle acque contaminate nel reticolo idraulico. Un risultato ottenibile sia con incentivi sia modificando la normativa di settore.

Ma soprattutto dobbiamo avere chiaro che l’inquinamento delle acque sotterranee non è problema solo pistoiese.

Per questo abbiamo chiesto alla giunta regionale se non ritenga urgente che ARPAT svolga uno specifico studio su tutto il territorio regionale, con particolare attenzione alle aree agricole, finalizzato a verificare la presenza di fitofarmaci nelle acque sotterranee, superficiali e di quelle destinate alla potabilizzazione.

Con questi risultati in mano, alcuni dei quali giĂ  noti per aree come appunto la piana pistoiese, abbiamo chiesto sempre alla giunta quali iniziative voglia mettere in piedi per limitare le contaminazioni da fitofarmaci nelle acque sotterranee toscane e se sul caso pistoiese voglia proporre misure per limitare l’inquinamento da diserbanti, inclusa la promozione di pratiche agronomiche che limitano il ruscellamento delle acque contaminate nel reticolo idraulico.

Il nostro obiettivo è chiaro: arrivare ad un tavolo di lavoro con il distretto fliorovivaistico per superare lo stato attuale, sostenendo la ricerca, il riutilizzo acque piovane e la sostituzione di fitofarmaci inquinanti con quelli non inquinanti per tutelare e incrementare l’occupazione.

ACQUA MARRON = MALGOVERNO

Con una serie di atti e iniziative ho posto all’attenzione del Consiglio regionale e della giunta il problema della qualitĂ  dell’acqua in Toscana. Come sapete abbiamo presentato a mia prima firma anche una proposta di legge sulla riforma della gestione del sistema idrico (in attesa di discussione) e piĂą volte abbiamo battuto sul tasto dolente, che conosco bene, della scarsa qualitĂ  dell’acqua di mare a causa del malgoverno di un tema tabĂą: gli scarichi dei reflui.

Tradotto: quanti escrementi non sono gestiti dal sistema di depurazione e finiscono in mare riempendolo anche di escherichia coli.

Il 27 marzo scorso alcuni tecnici di ARPAT hanno prelevato un campione allo scarico del depuratore di Camaiore e rilevato valori elevatissimi di Escherichia coli, del tutto simili a quelli di un refluo in ingresso all’impianto di depurazione. GAIA spa, gestore dell’impianto, si è giustificata così ma al di lĂ  dei problemi tecnici il problema politico è che, come da noi previsto, a pochi mesi dalla nuova stagione balneare siamo ancora davanti al problema dell’acqua sporca e inquinata.

Dovete sapere che la Giunta regionale tempo fa ha presentato al Consiglio una informativa in merito al Piano Tutela delle Acque. Da norma a questa informativa doveva seguire la redazione del Piano cioè dello strumento finalizzato al raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e più in generale alla protezione e valorizzazione dell’intero sistema idrico superficiale e sotterraneo nell’ambito dei tre distretti idrografici presenti sul territorio regionale.

Per ora del Piano nessuna traccia, ma sulla questione “acqua marron” la Regione ha ancora in piedi vari accordi quadro ed accordi di programma per la tutela delle risorse idriche dell’entroterra versiliese e della costa, in perenne ritardo di attuazione.

In forza di uno di questi è stato sperimentato l’acido peracetico come mezzo per abbattere la carica batterica alle foci fluviali, una scelta da noi ampiamente criticata anche sulla scorta di quanto inizialmente scritto da ARPAT.

Per le acque marino costiere (cioè le acque superficiali entro un miglio nautico dalla costa) la normativa impone di raggiungere il buono stato ecologico e chimico dei campioni idrici entro il 2015 o, nel caso di una proroga, come quella di cui gode la Regione toscana, entro e non oltre il 2017.

Visto che siamo a marzo 2018 ho chiesto alla giunta regionale tramite interrogazione question time, quindi a risposta urgente:

  1. quando il Piano Tutela delle Acque sarĂ  adottato dalla Giunta regionale ed inviato al Consiglio regionale
  2. quali sono i risultati ottenuti dalla sperimentazione dell’acido peracetico e che impatti ha avuto tale sperimentazione sull’ambiente
  3. quali azioni intenda assumere al fine di superare l’emergenza legata alla mancata depurazione delle acque reflue, in particolare per quanto concerne i piccoli agglomerati urbani, che non potrà godere nel prossimo futuro di nuove proroghe o rinvii

Oggi è arrivata la risposta della giunta regionale tramite l’assessora all’ambiente. Vi riporto giusto il passaggio rilanciato dal comunicato ufficiale del consiglio regionale:

Partendo dal percorso di coinvolgimento della comunità toscana e alla conseguente formazione “in linea tecnica” del Piano, l’assessore ha spiegato che “è difficile prevedere una data certa per la proposta da deliberare in Giunta regionale, comunque almeno tutto il 2018 sarà necessario per elaborare la proposta tecnica”. Entrando poi nel merito dei risultati ottenuti dalla sperimentazione dell’acido peracetico, e quindi alle due fasi di sperimentazione nelle idrovore e in alveo, Fratoni ha ricordato che il prossimo 20 aprile, nel corso del Collegio di vigilanza, sarà aggiornato lo stato di avanzamento della sperimentazione. Sul fronte della depurazione delle acque reflue, l’assessore ha precisato che gli interventi necessari e disposti per legge “sono programmati negli investimenti del servizio idrico integrato e previsti nella loro realizzazione entro il 31 dicembre 2021, data ultima consentita”.

Quindi: non danno una data certa per la consegna del Piano di Tutela delle Acque e non hanno la volontĂ  politica di mettere questi interventi al primo posto.

Ce lo segniamo. Segnatevelo anche voi e aiutateci a spiegarlo ai cittadini della costa toscana!

UN AIUTO PER VIGILI DEL FUOCO DI CASCINA

Lo scorso 28 Marzo tutte le organizzazioni sindacali del comando dei Vigili del Fuoco di Pisa hanno dichiarato lo stato di agitazione del personale per le gravi criticitĂ  strutturali delle loro caserme e sedi.

Per farvi capire il punto in cui siamo, i Vigili del fuoco del mio comune (Cascina) hanno richiesto di poter pranzare nella sede centrale fino a quando non saranno ripristinate le condizioni minime di sicurezza della loro cucina. PerchĂ© in questa manca l’acqua calda, manca una sterilizzatrice e l’impianto elettrico è giudicato da loro – che sono competenti a riguardo – non sicuro.

L’aspetto incredibile è il responsabile delle sede di Pisa ha rigettato la richiesta.

Questi Vigili del Fuoco dovrebbero quindi garantire il servizio di soccorso, sorveglianza, pronto intervento ecc. a forza di panini e insalate?

L’immobile dove risiede la sede dei Vigili del Fuoco di Cascina è di proprietà dell’amministrazione comunale, che negli ultimi 30 anni non avrebbe svolto i dovuti interventi manutentivi. Questo nonostante ci risulti che il Comune abbia percepito regolarmente il canone di locazione.

Viene in soccorso su questo la normativa nazionale, che stabilisce che le caserme dove alloggiano e svolgono le proprie funzioni i Vigili del Fuoco devono essere di proprietà. E in effetti si era aperta una trattativa tra i Vigili del Fuoco di Cascina ed la scorsa amministrazione comunale per raggiungere un accordo sull’alienazione dell’attuale caserma per 1 milione di euro, costi di sistemazione esclusi.

Il problema pare che sia il ritardo dell’attuale amministrazione comunale nel concludere la procedura di alienazione, senza peraltro darne comunicazione e fornire i dovuti chiarimenti, facendo così ipotizzare un trasferimento dei Vigili del Fuoco di Cascina in altre sedi.

Questa situazione di stallo deve essere superata e per noi la Regione ha un possibile strumento di intervento.

Per questo ho chiesto alla giunta regionale se intende attivarsi nelle sedi istituzionali competenti per sollecitare il Comune di Cascina a concludere l’alienazione della caserma sede dei Vigili del Fuoco di Cascina, riprendendo in mano gli accordi passati, e soprattutto se vuole promuovere una specifica azione di sostegno ai Vigili del Fuoco di Cascina. Un’azione semplice ed efficace: mettere in sicurezza l’impianto elettrico della loro caserma, installarvi una lavastoviglie e acquistare quei pochi strumenti necessari a garantire le condizioni minime per la funzionalitĂ  della cucina della caserma.

Con qualche migliaio d’euro la Regione farebbe quanto è giusto e, forse, pure una bella figura da immortalare con le fotografie di rito.

I BAMBINI NON VACCINATI DEVONO CONCLUDERE L’ANNO

Quanto sta succedendo in questi giorni intorno all’applicazione toscana della Legge Lorenzin sui vaccini è intollerabile. Come da noi preannunciato piĂą volte il caos amministrativo era solo una delle conseguenze negative di questa norma, importante e grave certo, ma mai quanto l’esclusione dei bambini “non in regola” dai percorsi educativi avviati nel proprio Asilo Nido, magari da due anni.

E’ intollerabile che questi bambini e queste bambine subiscano questo trauma ed è intollerabile che i Comuni siano lasciati soli a gestire questa situazione discriminatoria, come denunciato da piĂą amministrazioni.

LA MOZIONE NON ATTUATA
Ma per me, consigliere regionale, è ancora piĂą intollerabile che la Giunta regionale – nella precisa figura dell’assessora alla SanitĂ  – abbia omesso di attuare un preciso indirizzo che avrebbe potuto evitare tutto questo. Indirizzo approvato all’unanimitĂ  dal Consiglio regionale il 20 dicembre scorso, scritto in una mozione a mia prima firma, sottoscritta da quattro colleghi di quattro forze politiche diverse tra i quali il Presidente della Commissione SanitĂ  Scaramelli (PD).

Abbiamo atteso invano la nota di attuazione di questa mozione per poter verificare come la giunta aveva rispettato l’impegno affidato dal Consiglio di

  1. “adoperarsi affinchĂ© tutti i minori non vaccinati ma regolarmente iscritti e accettati potessero giungere a conclusione dell’anno scolastico 2017/2018, senza alcuna interruzione di continuitĂ  educativa
  2. “chiedere al Parlamento di tenere presente l’esigenza di considerare l’anno scolastico 2017-2018 transitorio, per dare risalto alla divulgazione e alle opportune informazioni sui percorsi vaccinali alle famiglie
  3. chiedere inoltre di far proprie le proposte formulate da ANCI, nonchĂ© di adottare ogni altro provvedimento utile e necessario all’attuazione del punto 1 del presente atto“.

Parliamo di indirizzi chiari, semplici e attuabili.

Perché la giunta regionale ha omesso di attuarli?

Rossi batta un colpo. Presenterò un’interrogazione urgente a lui e all’assessora Saccardi, come annunciato nell’ultima seduta d’aula.

Abbiamo sempre chiarito l’importanza delle vaccinazioni e siamo soddisfatti del lieve aumento della copertura vaccinale (che in Toscana era giĂ  – senza nuovi obblighi introdotti dal decreto – alta).

Ma è intollerabile che si persista, con forzature, nel voler negare a questi bambini e a queste bambine il diritto alla prosecuzione del percorso educativo avviato, magari per il bisogno di rivendicare il potere di punire la scelta di coscienza dei loro genitori.

DESTINIAMO A FINI SOCIALI LA VILLA CONFISCATA A MATRAGNA

L’Osservatorio sui beni confiscati alla criminalitĂ  organizzata in Toscana (OBCT) è realizzato dal Centro di documentazione “Cultura della LegalitĂ  Democratica” (CCLD) della Regione e dovrebbe pubblicizzare tutta la documentazioni disponibile sui beni confiscati alla criminalitĂ  organizzata presenti nella regione, con il proposito di facilitare le attivitĂ  di studio, prevenzione e il riutilizzo sociale dei beni.

Un lavoro importante soprattutto in questo momento storico dove recenti studi censiscono, perché tratte a giudizio, ben 35 organizzazioni di stampo mafioso con sede operativa in Toscana delle quali qualcuno ricorda solo le più note: Ndrangheta, Camorra, Cosa Nostra, mafia russa e mafia cinese.

Come ho avuto modo di dire anche in aula, sorretto nell’analisi da figure dello spessore di Renato Scalia e Maurizio Pascucci, la criminalitĂ  organizzata sta colonizzando questa regione. Ce lo dicono i numeri e ve ne cito giusto uno: 242 beni confiscati a mafia e criminalitĂ  in Toscana nel 2015 su 17 mila in tutta Italia (1,4%! E non siamo “terra di mafia”).

In questo contesto la normativa normativa vigente ci aiuta in ottica di prevenzione proprio quando prevede in via primaria la destinazione a fini pubblici socio-istituzionali dei beni (mobili, immobili ed aziende) sottratti alla criminalitĂ  organizzata e definitivamente confiscati.

Questo riutilizzo dei beni confiscati ha un forte valore simbolico e rappresenta una concreta opportunitĂ  di creare lavoro e sviluppo per molte realtĂ  del privato sociale.

Tutti questi beni confiscati sono gestiti dall’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla CriminalitĂ  Organizzata (ANBSC) che li destina poi alle prefetture territoriali di riferimento e da lì arrivano agli Enti locali per al destinazione finale (socio-istituzionale).

La Regione in questo percorso non ha competenze specifiche date dalla legge, ma può far leva sul suo peso istituzionale per vigilare su queste destinazioni e stimolare la corretta applicazione della norma.

Per questo ho presentato un atto di indirizzo che impegna la giunta ad attivarsi affinchĂ© un particolare bene confiscato – la villa di Forte dei Marmi sequestrata nel 1996 a Gioacchino Matragna – sia tolta dall’attuale stato di abbandono e destinata finalmente ai fini sociali indicati dalla legge.

Matragna è un esponente di Cosa Nostra a Milano, condannato anche per omicidio. Nel 1998 la Villa fu assegnata al Comune di Forte dei Marmi per farne la sede di un’associazione sportiva locale. Ma non se ne fece di nulla. La destinazione fu così cambiata il 30 settembre 2003 su richiesta dello stesso Comune per ottenere degli alloggi popolari. E anche lì tutto si impantanò. Poi a fine 2015 qualcuno tornò a parlare di un piano per il recupero dell’immobile, tanto che Erp si era fatto avanti impegnandosi con 400.000 euro purchĂ© l’immobile venisse completato e finalmente destinato. Ma a distanza di tre anni la villa è in stato di abbandono e attende ancora di essere utilizzata per fini sociali dagli enti pubblici a cui è stata assegnata;

L’antimafia dei fatti passa anche dall’impegno della Regione in attivitĂ  politiche come queste.

Mentre altri parlano di accordi e poltrone, noi portiamo anche questo dibattito in Consiglio regionale.

***AGGIORNAMENTO***

Il Consiglio regionale ha approvato la nostra mozione nella seduta dell’11 aprile 2018. Una buona notizia!