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FOSTER, VANNO DRITTI MA SERVE VARIANTE AL PROGETTO

Il 21 marzo scorso avevo lanciato una proposta per recuperare la credibilitĂ  delle istituzioni sull’eterno caso del sottoattraversamento TAV Firenze.

Ci è arrivata la risposta ieri. La giunta regionale dice che si va avanti, tutto confermato e in piĂą nel buco “Foster” ci mettono autobus e tramvia.

Peccato che serva una variante progettuale, ad oggi mai approvata, che dovrebbe poi essere sottoposta a tutte le valutazioni ambientali perchĂ© presenterebbe una modifica sostanziale al progetto. La nostra proposta è stop, fermiamoci e sviluppiamo il progetto di superficie, secondo l’idea avanzata dall’UniversitĂ  di Firenze anni fa e mai presa in considerazione da Regione Toscana, RFI, Governo e Comune di Firenze.

Ci ascolteranno stavolta? Vedremo.

Intanto ci preoccupa la questione lavoratori: vengono pagati? Se no, servono tutele sociali e faremo proposta per loro impegno in altri cantieri toscani.

PARENTI DIPENDENTI – LA MIA REPLICA

Ieri vi ho raccontato della nostra interrogazione sullo strano caso di legami parentali tra dipendenti dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana.

Leggo oggi sulla stampa una reazione del Direttore Generale dell’AOUP cui devo una replica.

Non è mia abitudine fare battaglie contro le persone, quello che mi interessa è comprendere se le aziende pubbliche della regione adottino piani antinepotistici oppure no. Tema sentito non solo da me, ma a quanto pare dal Consiglio di Stato che si è espresso in modo inequivocabile sull’argomento.

Forse non è chiaro che suona “strano” che su 75 UOC della AOUP ben 20 siano dirette da persone che hanno un familiare di primo grado in AOUP. Direi che non è normale. Se per qualcuno sì, attendo di leggerlo per iscritto.

PARENTI DIPENDENTI

Noi del Movimento 5 Stelle siamo curiosi. E durante una ricerca sul personale delle Aziende Sanitarie ci siamo imbattuti in una serie di particolaritĂ  che riguardano l’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana.

Pensate il caso: siamo partiti dal cercare di capire perchĂ© un numero importante di giovani ricercatori e medici venissero assunti nella AOUP con contratti atipici, cioè libero-professionali o borse di studio. E dalla risposta dell’assessora alla SanitĂ  regionale, che ci inoltrava quella del Direttore Generale dell’Azienda, scoprimmo che erano sì circa un centinaio ma su un totale di 4800 dipendenti.

Di lì ci è venuta la curiositĂ  di capire se tra gli 800 dirigenti medici e i 50 dirigenti biologi dell’Azienda, quindi la parte piĂą di vertice, ci fossero dei legami parentali. E abbiamo scoperto che nell’organigramma della dirigenza ci sono molte relazioni parentali di 1° grado. Nello specifico 19 di tipo coniugale, cioè abbiamo sia moglie che marito, 13 di tipo filiale padre-figlio, e 5 con riferimento parentali politici o dirigenziali in enti statali di nomina politica.

L’aspetto particolare e curioso è che quella parte dei suddetti che sono giovani risultano assunti con forme di lavoro stabili, contrariamente appunto ai coetanei precari di cui ci eravamo occupati.

Evito di elencare tutti i documenti di Pianificazione sanitaria dove è citato l’ovvio principio secondo cui l’organizzazione sanitaria pubblica deve vigilare sull’efficacia terapeutica come stella polare e quindi che ogni scelta di assunzione debba essere legata alla capacitĂ  del sistema di garantire il migliore servizio possibile.

Ma davanti a questa piccola, lo dico con simpatia, “parentopoli” ho sentito il bisogno di protocollare un’interrogazione per sapere se la Direzione dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana ha mai sentito il bisogno di approfondire la questione con un occhio alla performance.

SVILUPPO TOSCANA DEVE RESTARE A MASSA

Domani sarĂ  con noi in Consiglio regionale Luana Mencarelli, candidata sindaca di Massa per il Movimento 5 Stelle. SarĂ  qui per sostenere un atto che ho protocollato oggi, firmato da tutto il gruppo consiliare, che è un contributo crediamo importante per l’obiettivo di rinascita di Massa che Luana e tutto il Movimento 5 Stelle Massa si sono dati.

UN PATRIMONIO IN ABBANDONO
Il 23 aprile scorso ho incontrato l’amministratore unico di Sviluppo Toscana spa, società al 100% di Regione Toscana, nella sede operativa in Via Dorsale, 13 a Massa. Ho scoperto così che, in forza di una delibera della Giunta Regionale, sta dismettendo immobili, anche di pregio, patrimonio della società e quindi della Regione per ridurre i costi fissi di gestione e garantire gli oneri legati al costo del personale.

Tra questi immobili in via di dismissione c’è anche la “Ex portineria Dalmine” proprio della sede operativa di Massa che oggi è in stato di abbandono. L’ho visitata proprio il 23 aprile e non vi dico la tristezza di vedere un immobile di pregio del genere, patrimonio regionale, vuoto e in stato di abbandono.

Un anno e mezzo fa circa, fortunatamente di sabato pomeriggio quindi a uffici chiusi, è venuta giĂą una parte del controsoffitto spezzando parte di una splendida scala in marmo presente e obbligando l’amministrazione a sgomberare l’edificio puntando su un annesso vicino. Pensate che questo immobile avrebbe potuto e dovuto ospitare un incubatore d’imprese che negli anni è stato di fatto abbandonato. Paradossale in un’area economicamente depressa come Massa Carrara con tassi di occupazione oltre dieci punti sotto la media regionale.

Questo immobile è a norma, secondo valutazione dei Vigili del Fuoco, ma richiede interventi di ripristino degli spazi e supporti compromessi dal crollo e di manutenzione ordinaria e straordinaria. E l’amministratore unico, su indirizzo della giunta regionale PD-Rossi, ha avuto mandato di venderlo insieme a tutta l’area dove è sito.

Davanti a questa notizia sinceramente ci siamo allarmati. Perché se Sviluppo Toscana deve vendere tutto a Massa significa forse che i suoi 57 dipendenti (33 a tempo indeterminato) sono sulla via verso Firenze?

SVILUPPO TOSCANA DEVE RESTARE A MASSA
Un rischio possibile visto che manca ad oggi un atto formale dove Regione Toscana certifica la possibilitĂ  di alienazione dello spazio ex Dalmine e la conseguente diversa locazione di Sviluppo Toscana spa solo ed esclusivamente nel perimetro del Comune di Massa.

E intanto su questo vogliamo mettere un punto. La nostra mozione al voto nel prossimo Consiglio regionale impegna la giunta regionale a mantenere a Massa la sede operativa di questa partecipata regionale: Sviluppo Toscana spa deve restare a Massa.

Mi auguro che ci venga dietro in questa battaglia il presidente della Commissione Affari Istituzionali, il consigliere regionale Giacomo Bugliani (PD). Mi meraviglio anche un po’ del fatto che ancora non si sia mosso sulla questione, lui che del Comune di Massa è pure consigliere comunale.

INCUBATORE E ACCELERATORE PER GREEN ECONOMY E ECONOMIA CIRCOLARE
Comunque parlando con l’amministratore unico di Sviluppo Toscana, e poi leggendo il Piano di AttivitĂ  2017 della societĂ , ci siamo accorti che dal 2013 in poi questa impresa 100% della Regione ha ridotto all’osso la sua attivitĂ  di incubatore e acceleratore d’impresa, elemento ancora parte dell’oggetto sociale, fino a ridurlo all’affitto di immobili in patrimonio a realtĂ  imprenditoriali dei territori dove l’azienda ha sedi operative (Massa e Venturina).

Parliamo di una realtĂ  nata per quello che ad oggi sta diventando altro, cioè l’impresa che per conto della Regione fa tutta la gestione dei Fondi Por FESR 2014-2020 e di altri fondi regionali in termini di verifica (es. delle rendicontazioni). Praticamente degli amministrativi.

Sviluppo Toscana spa, per noi, deve recuperare questo elemento importante del suo oggetto sociale: deve cioè aiutare lo SVILUPPO della Toscana attraverso attività di incubatore e acceleratore di imprese.

Ma non un incubatore generalista, che non funziona. Serve un incubatore e acceleratore dedicato a green economy e economia circolare, da creare insieme all’UniversitĂ  di Pisa e ai Comuni di Massa e Carrara. Un motore di sviluppo capace di stare al passo coi tempi e rilanciare un territorio in forte difficoltĂ  imprenditoriale e occupazionale.

Per farlo bisogna crederci e poi passare alla pratica: creare un addendum all’attuale Accordo di Programma dove indicare anche questo tra i progetti finanziati dentro i 10 milioni pubblici messi a copertura.

Si potranno così riqualificare le aree dell’ex Dalmine, magari con un bel progetto di autonomia energetica in grado di fornire alle imprese incubate l’energia a costo zero, e assumere gli specialisti, di spessore, in grado di gestire questa grande prospettiva di rilancio.

Parliamo di un’esperienza che potrebbe recuperare l’interessante operazione dei bioincubatore di Fondazione Toscana Life Sciences (altra partecipata regionale) che sta funzionando per lo startup d’impresa nel campo delle scienze delle vita.

E parliamo di un’esperienza che potrebbe dare fiato e spessore all’idea del Polo dell’Economia Circolare che la Regione ha inserito nel suo DEFR 2018, senza specificare una destinazione. A nostro parere quel polo, favorito dall’incubatore e accelleratore decicato a green economy ed economia circolare, dovrebbe nascere dove giĂ  Rossano Ercolini aveva puntato: il triangolo Lucca, Massa Carrara, Livorno

PROFUMO E VIOLA A PROCESSO, COME AVEVAMO PREVISTO

Ho saputo oggi che Alessandro Profumo e Fabrizio Viola andranno a processo per i derivati del Monte dei Paschi di Siena. Chi ha seguito la Commissione d’inchiesta regionale sullo scandalo MPS ricorderĂ  che la nostra relazione finale ha piĂą volte indicato questo come lo scenario piĂą plausibile visti i fatti da noi ricostruiti.

Eppure per ben due volte l’esplicita richiesta di alcuni azionisti di chiedere l’azione di responsabilitĂ  contro Profumo e Viola è stata bocciata dagli azionisti Ministero dell’Economia e Fondazione MPS.

Ricordo che entrambe le Relazioni finali della Commissione d’inchiesta, citarono la responsabilitĂ  dei vertici della banca e degli organismi di vigilanza (Consob e Banca d’Italia e MEF) nello scandalo e credo opportuno sottolineare che il rinvio a giudizio è per aggiotaggio e falso in bilancio, dove la vittima ha un nome e non è il mercato, sono soprattutto i risparmiatori.

Le operazioni di finanza creativa per le quali Viola e Profumo andranno a processo furono realizzate per nascondere i buchi di bilancio creati da una storica gestione allegra della banca e in particolare dall’acquisto scellerato di Banca Antonveneta, pagata molto piĂą del suo reale valore.

Un’operazione d’acquisto autorizzata da Banca d’Italia con a capo Mario Draghi.

Dove non arriverĂ  la magistratura, speriamo arrivi la memoria storica dei fatti.

CASALONE, 20ANNI PER BONIFICARE

Foto de Il Giunco, incontro del M5S con cittadini del Casalone, 15 settembre 2015

Nell’area sottoposta a bonifica in zona Casalone (GR) trovarono a fine anni ’90 una “discarica”.

Il Consorzio Cooperative ACLI che lì voleva costruire fece indagini e scoprì varie tipologie di rifiuti e materiali inerti lasciati in quel posto dove un tempo, fino agli anni sessanta, c’era una cava attiva. In pratica finita l’attivitĂ  estrattiva il sito è stato colmato e, dopo l’alluvione del 1966, sono stati interrati rifiuti di vario genere (carcasse animali, inerti, mobilia). Per questo il 28 gennaio 1999 il Consorzio ha formalmente avviato l’iter di bonifica per un’area di circa 22.000 mq.

Questo spazio è finito in un Accordo di Programma tra Regione Toscana, Comune di Grosseto e Consorzio Cooperative ACLI. Siamo nel 1994 e quel documento pieno di buoni intenti prevedeva la realizzazione di una quota di alloggi di edilizia residenziale da assegnare alle forze dell’ordine impegnate nella lotta alla criminalitĂ  organizzata; la realizzazione di una quota di alloggi da destinare ad edilizia residenziale pubblica e privata; la realizzazione di una scuola ecc.

Il Consorzio Cooperative A.C.L.I. si impegnò a presentare il Progetto di Messa in sicurezza, e lo fece nel settembre del 2002. La Provincia lo approvò con alcune prescrizioni e qualche garanzia finanziaria.

Le prescrizioni in particolare specificavano “che il recupero e/o ripristino ambientale” avvenisse “attraverso idoneo inserimento nell’area di lottizzazione” dopo un’estrazione di percolato per almeno 5 anni, monitoraggio post opera delle acque del Fosso Martello e dei pozzi esterni all’area. Il tutto garantendo il “perfetto isolamento dei materiali inquinanti” e doveva essere evitata ogni forma di diffusione area degli inquinanti.

L’IMPIANTO MAI REALIZZATO
Durante la realizzazione dell’opera il Consorzio Cooperative ACLI, viste le caratteristiche del percolato di questa discarica, propose una variante per l’impianto di trattamento e chiese altri 940 giorni per finire il tutto, trattare e smaltire il percolato, e chiudere la questione. La Conferenza dei Servizi responsabile pubblico di dare l’ok, lo dette, con qualche prescrizione. E da quel 29 novembre 2005 doveva scattare il conto alla rovescia.

Peccato che quell’impianto di depurazione non è mai stato realizzato, nĂ© autorizzato, ufficialmente perchĂ© il soggetto obbligato non avrebbe prodotto la necessaria documentazione di Legge (integrazioni finalizzate al soddisfacimento delle prescrizioni e polizza fidejussoria).

Stallo per sette anni, poi nel marzo 2012 sono stati effettuati i campionamenti e le rispettive analisi sui tre piezometri perimetrali al sito. Il percolato è sempre lì, va tolto. Allora spunta la nuova soluzione di bonifica di quelli che sono stimati come 50mila m3 di liquami: non piĂą il depuratore, ma emungimento e trattamento del percolato applicando approcci metodologici basati su processi di phytoremediation. Questa tecnica è in grado di simulare un processo Pump&Treat, consentendo di aspirare e trattare il refluo con l’utilizzo di specie arboree selezionate la cui efficacia è stata testata con impieghi in siti che presentano le medesime problematiche ambientali.

Col piccolo problema che stiamo parlando di un’area un’area residenziale giĂ  insediata.

ALTRI 4 ANNI PER PARTIRE
Ecco arrivare così al 18 aprile 2013: la Conferenza dei Servizi dĂ  l’ok alla phytoremediation, ancora una volta con prescrizioni. Siccome le prescrizioni sono state ottemperate solo a marzo 2017, il disco verde a sperimentare la phytoremediation.

Mi risulterebbe che l’amministrazione comunale di Grosseto non sia in possesso dei risultati della campagna di monitoraggio fatte a giugno 2017, dopo la messa a dimora delle specie arboree che devono ripulire il percolato. Inoltre sempre questa amministrazione, in risposta ad una interrogazione dei nostri portavoce M5S, ha scritto che “per quanto attiene la destinazione d’uso dell’area, la stessa sarĂ  attribuita dall’AutoritĂ  Competente (Regione Toscana) al termine delle operazioni di MISP e verificata la qualitĂ  ambientale del sito, impartendo, qualora necessarie, prescrizioni sull’utilizzazione del sito e/o limitazioni”.

A questo punto ho dovuto interrogare io la giunta regionale per strigare la questione: gli enti regionali, ARPAT su tutti, hanno verificato l’assenza di materiali pericolosi e/o tossici in aggiunta agli inerti o organici nell’area da bonificare Zona Casalone?

E visto che ci interessa vedere realizzato quanto promesso: è stato garantito l’utilizzo, anche parziale, di un’area verde comunale da adibire a varie fattispecie (giochi bimbi, sgambo cani, picnic) che attualmente viene decespugliata molto raramente?

IL MIO/NOSTRO 25 APRILE 2018 SULLE TRACCE DEI PARTIGIANI E DI DON MILANI AL MONTE GIOVI

Mi ha colpito leggere questa mattina su un articolo di stampa che sia stato dato risalto all’assenza di esponenti M5S alle iniziative ufficiali fiorentine di commemorazione del 25 aprile, citando il fatto che deputati, consiglieri regionali e comunali, si siano “limitati a fare post su facebook”.

Mi ha colpito perché il mio 25 aprile è stato un percorso di gruppo verso Monte Giovi, sui sentieri dei partigiani e di Don Milani.

Una scelta consapevole perché vivo il 25 aprile meno nella dimensione del festeggiare e più in quella del ricordo di un dolore.

Non si tratta di celebrare una ricorrenza, ma di tenere alta la memoria di chi ci ha consentito di poter agire in libertĂ  e democrazia.

Un ringraziamento quindi itinerante per quei nostri uomini e quelle nostre donne che sui monti decisero di resistere alla barbarie e, da quei monti, scesero a liberare Firenze e l’Italia da una dittatura infame.

Un grazie a quei comandanti partigiani del Monte Giovi e anche a quel parroco, Don Milani, che da quelle pendici ha insegnato a tutti noi i valori lasciati in ereditĂ  dalla resistenza.

Forse avrei dovuto comunicare questa mia iniziativa, per aiutare la stampa a svolgere il proprio mestiere.

Spero mi perdonino quei lavoratori della carta stampa, ma noi spesso agiamo col cuore, senza calcoli di visibilitĂ . E le mie anche e i miei piedi oggi ne sono testimoni dopo 13 km di camminata!

VIVA IL 25 APRILE!

Nella giornata del 25 aprile festeggiamo la memoria della Liberazione del nostro paese dal nazifascismo e insieme, inevitabilmente, commemoriamo la scia dei lutti che questa liberazione ha portato con sé.

Da quel primo vagito della nuova Italia, di lì a breve repubblicana, al giorno d’oggi molto è cambiato. La societĂ  stessa ha vissuto profonde mutazioni.

Per questo recuperiamo dalla doverosa memoria del 25 aprile lo stimolo per riconoscere le minacce che vorrebbero, sotto nuove vesti, ricreare le condizioni di limitazione della libertĂ  e della democrazia che 73 anni fa furono sconfitte dalla storia.

Allora le dittature avevano esclusiva connotazione politica. Oggi invece assumono la forma piĂą subdola di organizzazioni e dinamiche economiche che hanno come principio unico il profitto e come metodo il piegare o convincere le masse popolari ad inseguirlo, spesso ignorando anche i piĂą basilari diritti umani e l’etica solidale che è perno della convivenza pacifica di ogni civiltĂ  prospera.

Servono sensibilità e sguardo attento per leggere la ruota della storia e comprendere la strada che sta prendendo, per non cadere in pericolose chine come in passato è accaduto. Per questo ci auguriamo che giornate come quella di domani siano sì di memoria ma anche, tramite questa, di monito. Affinché chi vive il nostro presente sappia assicurare a questa Repubblica e al nostro popolo quanto la Costituzione ha promesso: antidoto e terapia per ogni nuovo e vecchio fascismo.

CREAF BUCO NERO DEI MALGOVERNANTI

Il Creaf di Prato è ormai a tutti gli effetti un grande buco nero dei malgovernanti. Pensavamo di averle viste tutte ma niente, pare che la giunta regionale voglia rilanciare ulteriormente, gettando nel buco nero altri 8 milioni dei toscani.

Erano 2,5 milioni a dicembre, oggi leggiamo dai giornali che Ciuoffo, ex assessore proprio del Comune di Prato e oggi assessore regionale, ne vuole rimettere altri 5,5. Ha dichiarato testualmente “Rispetto a qualche anno fa la Regione ha creato una rete dei centri di ricerca. Quindi avere uno spazio in piĂą in Toscana ci sarĂ  d’aiuto. E poi per le nostre casse l’esborso sarĂ  solo di 2,5 milioni, visto che 5,5 ci torneranno indietro come creditori privilegiati“.

Per capire l’assurdo ricordo che la Regione deve ancora avere indietro 11 milioni da Creaf srl – societĂ  in fallimento e buco senza fondo dove sono confluiti 22 milioni di contributi pubblici – e al momento sembra disinteressarsi della questione volendo riscattare l’unico bene della societĂ , l’immobile vuoto di Via Galcianese, togliendolo da un’asta pubblica capace di farlo fruttare e restituirci almeno una parte del maltolto.

Non paga la Regione ci vuole mettere piĂą del suo valore reale (7 milioni) buttando nel buco nero altri soldi dei toscani.

Ma perché la giunta regionale è così legata a questo immobile al punto da compiere scelte di tale malgoverno?

E poi con tutti gli immobili pubblici in patrimonio della regione o di sue partecipate, perché dobbiamo buttare altri soldi proprio in quello lì di Via Galcianese?

Avevamo ipotizzato che fosse perché tra i fondi pubblici arrivati al CREAF srl tramite l’istituzione ce ne fossero anche di derivazione UE e la Regione stia cercando drammaticamente di salvare le forme prima che qualcuno a Bruxelles si accorga del fiasco e ce li chieda indietro.

Questo spiegherebbe perchĂ© Ciuoffo continua a mettere la faccia in questo fantomatico “Centro per la ricerca e l’alta formazione a servizio del distretto tessile pratese”. Un buco nero che ha giĂ  bruciato 22 milioni dei nostri soldi (andati a chi?) e causato l’avviso di garanzia all’attuale Presidente della Provincia di Prato, il sindaco Matteo Biffoni, presidente per giunta di ANCI.

Per capirne di piĂą ho presentato l’ennesima interrogazione a riguardo. La giunta regionale ci dovrĂ  dire con chiarezza a che punto sono le trattative della Regione per acquistare questo immobile e se nel frattempo ci sono novitĂ  sulla sua destinazione d’uso. PerchĂ©, bene chiarirlo, ad oggi di questo Centri di Ricerca non ci risulta niente di concreto, oltre l’immobile dove dovrebbe, da decenni, nascere e fiorire.

KME, SCELTA DI RESPONSABILITA’

Da portavoce abbiamo portato in aula un atto di indirizzo che dicesse no al progetto pirogassificatore KME a Fornaci di Barga, alla luce di quanto emerso nel confronto importante avvenuto tra rappresentante di KME ed esperti del recupero di materia invitati da La Libellula (il prof. Annibale Biggeri, il prof. Paul Connet e Rossano Ercolini).

In Consiglio regionale il Partito Democratico ha annunciato di voler bocciare la nostra proposta, puntando sulla propria proposta e per senso di responsabilitĂ  l’abbiamo sottoscritta e poi approvata.

La mozione approvata riguarda il piano di rilancio dello stabilimento di Fornaci di Barga, annunciato da KME Italy che comprende il progetto di auto-produzione di energia elettrica. Con l’atto approvato il Consiglio regionale ha impegnato la giunta ad attivarsi “una volta presentato il piano di rilancio annunciato dalla Kme Spa”, che dovrebbe comprendere “eventualmente la realizzazione di un impianto di autoproduzione di energia elettrica” – per avviare “le necessarie verifiche ambientali e sanitarie, ai fini di una corretta valutazione circa l’inserimento di nuovi impianti di produzione elettrica sul territorio”.

La valutazione dovrà tenere in conto “della loro compatibilità, della conformazione geografica del territorio, della tutela della qualità dell’aria e della salute della popolazione, elemento principale di valutazione primario a qualsiasi scelta, che deve comunque essere tesa a garantire un miglioramento complessivo della qualità ambientale del territorio”.

L’atto impegna la Giunta anche a “informare il Consiglio regionale, ed in particolare la commissione competente in merito all’ipotesi di eventuali accordi”, riguardanti lo stabilimento e il distretto cartario di Lucca, “nonché in merito a tutte le iniziative e progetti in tema di economia circolare attualmente in discussione, riguardanti il trattamento e il recupero degli scarti di lavorazione dell’industria cartaria”.

L’azienda, come riportato nel testo della mozione, “avrebbe reso nota la volontà di un piano di rilancio dello stabilimento che preveda anche l’abbattimento dei costi energetici dell’impianto, attraverso la realizzazione di un pirogassificatore”, un impianto che “permette di produrre energia rinnovabile utilizzando materiale organico, in questo caso la scelta è quella di produrre energia da scarti di lavorazione, in particolare sfruttando la vicinanza del distretto delle cartiere e la possibilità di utilizzare scarti di lavorazione di tale produzione”.

Ricordo che in KME lavorano circa 600 dipendenti. Ma non devono essere una scusa per non sostenere impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile.

La nostra è stata una scelta di responsabilità comunque anche nei loro riguardi.