Da un anno e mezzo è attivo il cosiddetto voucher formativo di ricollocazione cioè un buono spesa per consentire ai toscani in cerca di lavoro di formarsi a spese della Regione. Uno strumento importante, cofinanziato da Unione Europea e Stato centrale che però, se malgestito, determina di fatto solo un’agevolazione per alcune agenzie formative accreditate e non ha capacità di aumentare l’occupazione toscana.

Ad oggi questi voucher hanno assicurato un corso di formazione solo a 161 persone disoccupate o inoccupate. Su una Regione con 157mila disoccupati e 600mila inattivi parliamo di un flop incredibile che non può essere giustificabile con la sola consueta annuncite PD-Rossi e mancato controllo successivo del beneficio reale delle politiche attivate, né con i relativi stanziamenti perché nel caso le sole 94 mila euro finora messe dalla Regione sono un errore evidente di indirizzo.

Il principale problema rilevato dai cittadini che non hanno sfruttato questi voucher è sull’offerta dei corsi sui quali sono spendibili: l’opportunità di lavoro successiva è giudicata assolutamente minima basti pensare che mentre nel mondo reale si cercano Operatori socio sanitari (OSS) o è richiesta una notevole dimestichezza con inglese e software informatici nell’elenco dei corsi pagabili coi voucher questi non ci sono o sono assolutamente minoritari.

Una situazione ancor più paradossale quando si entra nel caso specifico OSS: la giunta PD-Rossi ha infatti lanciato tramite ASL corsi professionali per diventare Operatori Socio Sanitari e la quota di iscrizione (1000 euro) costa agli interessati circa la metà di quanto disoccupati e inoccupati spendono in voucher per un corso medio autorizzato dalla Regione. Peccato che il corso per OSS, così richiesto, non sia nell’elenco di quelli coperti dai voucher formativi di ricollocamento.

In una Regione con aree dove il tasso di occupazione giovanile è crollato in dieci anni, toccando punte drammatiche come il 24% di Massa Carrara, il 36,3% di Siena e il 30% di Pisa, non ci possiamo permettere questo malgoverno dei fondi destinati alla formazione. Attendiamo risposte dalla giunta ai nostri quesiti e segnaliamo un punto semplice: la formazione professionale deve basarsi sulle reali necessità del mondo del lavoro. È così difficile programmare i corsi partendo dalle richieste delle tante PMI toscane? La Regione non dovrebbe essere proprio questo: una cabina di regia di processi che poi, ben avviati, possono andare davvero avanti da soli certi di raggiungere l’obiettivo?

IRENE GALLETTI