“Lavoro, ambiente ed industria sono ambiti che meritano equità e attenzione e possono coesistere. La Regione Toscana deve però attivarsi al fine di supportare le aziende nei percorsi di riconversione industriale, sostenibile sul piano sociale e ambientale, così come nelle attività di bonifica del territorio.”

Così Giacomo Giannarelli, Presidente del Gruppo regionale del MoVimento 5 Stelle, in replica alla risposta della Giunta regionale ad una sua interrogazione urgente sullo stabilimento Solvay a Rosignano.

“Innumerevoli le battaglie del Movimento 5 Stelle su questo tema e con particolare riferimento anche all’area Solvay. Da tempo chiediamo un percorso di bonifica del territorio per una diversa presenza dell’industria, che possa essere ancora più ambientalmente compatibile, riducendo al massimo ogni scarico inquinante. Nella mia ultima interrogazione ho chiesto quali azioni ed opere di risanamento e messa in sicurezza delle aree adiacenti l’impianto di Rosignano siano state poste in essere negli anni e quali azioni prese al fine di ridurre significativamente lo smaltimento di sostanze tossiche in aria e nelle acque.

La storia dell’azienda si è sempre mossa sul filo teso tra benefici occupazionali e impatti ambientali. La multinazionale dà lavoro a 450 persone, più un migliaio nel resto dell’indotto. Ma non produce solo lavoro: Arpat ha certificato che la contaminazione da mercurio del mare, per un tratto di 10 chilometri è stata influenzata “in maniera determinante, dal contributo antropico dovuto alla presenza dello stabilimento Solvay”. E poi c’è il tema degli ingenti consumi di acqua. Oggi, si legge nel ricorso al Tribunale delle acque, il 90 per cento dell’acqua utilizzata dall’azienda proviene dal mare. Peccato però che le percentuali da sole non riescano a dare l’idea della situazione: quel 10 per cento di acqua dolce rimasto vale, secondo una delibera del 2014 della Regione Toscana, oltre 10 milioni di metri cubi all’anno. Più o meno l’acqua consumata ogni anno da 50mila famiglie. C’è poi la questione dell’impatto sulla salute dei cittadini che occorre approfondire: in considerazione del fatto che la Solvay non è stata dichiarata Sin o Sir, non sono state fatte recentemente indagini epidemiologiche, l’ultima risale addirittura al 1978.”

“Auspichiamo – conclude Giannarelli – che non venga sottoscritto l’accordo di programma con il Ministero per derogare ai limiti di emissioni di boro, così come previsti dalla normativa regionale. Inoltre chiediamo che venga avviata una profonda e puntuale analisi di verifica dei requisiti per l’inserimento nei siti inquinati di interesse nazionale, riconoscendola come area SIN, elemento propedeutico alla caratterizzazione, cioè all’indagine degli inquinanti e quindi al progetto e alla bonifica degli stessi.”