Il sistema toscano crolla e sotto le macerie restano i più deboli. Questa è la lezione chiara di tutti gli scandali che hanno raccontato l’intreccio fallimentare tra politica e affari in questa regione, Monte dei Paschi di Siena in primis. All’elenco ora si inserisce anche la Castelnuovese, società legatasi negli anni con quel sistema dei rifiuti regionale foriero di inchieste e inefficienze: la ritroviamo nel gestore unico per ATO Sud – humus di illegalità e per questo commissariato – come nel quadro complesso dietro alle sorti di Cava Paterno. La ritroviamo anche nella virtuosa Revet spa, ancora oggi guidata da un Presidente sul cui passato incombono ombre complesse che finora il Consiglio regionale non ci ha permesso di dipanare.

Quindi anche se purtroppo non ci stupisce che col crollo di Banca Etruria e MPS possa saltare anche un’impresa di sistema come Castelnuovese, ci indigna che la parte politica responsabile di questo sistema continui ad evitare la sua messa in discussione e ogni operazione atta a prevenire le conseguenze peggiori del suo crollo.

Da luglio 50 persone resteranno senza lavoro per il fallimento Castelnuovese, ancora non sappiamo a quante migliaia di dipendenti in meno si assesterà il piano della nuova Monte Paschi di Siena (c’è chi dice 5mila)e persino la giunta regionale dichiara di ignorare quali conseguenze avrà quell’accordo sulle partecipate regionali.

In questo quadro ci sembra quantomeno inopportuno che il Consiglio regionale continui con l’atteggiamento dello struzzo e, ad esempio, insista col tardare il dibattito sulla nostra proposta di legge in materia rifiuti, una misura che almeno renderebbe quel sistema un volano economico capace di portare nuovi posti lavoro e magari riassorbire una parte delle conseguenze nefaste di queste crisi aziendali sistemiche.

Poi si tratterà anche di verificare per quali motivi Castelnuovese è diventata un’impresa di sistema. Ci siamo sempre chiesti infatti che ci faceva una cooperativa edile nel capitale di società di gestione dei rifiuti, impegnate anche nel loro trattamento. Non vorremmo mai, ma crediamo il dubbio si legittimo, che come per MPS si sia trattato di un ragionamento di sistema guidato da una certa parte politica. Ragionamento che, alla prova dei fatti, si è rivelato fallimentare nel medio periodo sia per quell’azienda, per le sue banche creditrici, per i suoi dipendenti e per i cittadini che magari – con la loro bolletta – lo andavano ingenuamente a sorreggere. Come dimostra il caso Sei Toscana.

GIACOMO GIANNARELLI