Il pronto soccorso di Prato è al collasso perché troppo piccolo – come diciamo dal 2015, inascoltati – e perché il sistema sanitario non riesce ad assistere tutte quelle persone che vorrebbero e potrebbero essere curate a casa loro. Però, di fronte alla prospettiva di mesi e mesi per essere ricevuti, e liste di attesa chilometriche per un’analisi, chi è più fragile non può che andare al pronto soccorso. E’ un numero di fondo, di persone disperate, che affatica il sistema di emergenza, viene lasciata ore o giorni in una barella, mentre il personale sanitario non ce la fa più. Del resto, non esiste alternativa al pronto soccorso, oppure si?

Dall’altra parte a Grosseto, dove le liste di attesa – per le riabilitazioni, però –  sono lunghe, ecco come l’alternativa c’è: si pensa subito a esternalizzare tutto, ammettendo candidamente – su un giornale – che le liste di attesa ci sono ma che non c’è problema, perché c’è il privato, che funziona bene quanto il pubblico. Nessun dubbio sul funzionamento del privato. Ma una ASL dovrebbe cercare – prima – di risolverlo il problema, e non utilizzare soldi pubblici, di tutti,  per esternalizzare il servizio. Curioso che una affermazione sulle liste di attesa, che però ben si guardava dal parlare o pubblicizzare il  privato, fatta qualche settimana fa, da un direttore sanitario, e solo sul suo profilo Facebook, fosse stata punita con una denuncia per diffamazione e una sanzione disciplinare. In questo caso la ASL cosa farà?