Perché non avviamo una verifica seria e attenta sui farmaci innovativi che di innovativo non hanno niente se non la possibilità di recuperare la fase di brevetto per mantenere alto il prezzo dei farmaci? Da subito potremmo risparmiare la metà delle prescrizioni di antibiotico in tutte le bronchiti acute. Si sta parlando di spesa farmaceutica e se il rischio di buco di bilancio in Toscana c’è è soprattutto per questo.

Il sistema sanitario toscano ripropone ciclici buchi di bilancio dovuti alla spesa farmaceutica cui il PD reagisce solo tamponando e facendo quadrare i conti. Rimangono sugli effetti senza lavorare sulle cause.

Per noi la chiave è invece cambiare paradigma: lavorare più sulla promozione della salute e meno sulla cura. Perché in quest’ultima si annida quel conflitto di interessi che alimenta la continua crescita della spesa farmaceutica. La maggior parte delle Linee guida sui trattamenti farmaceutici e sui protocolli terapeutici e diagnostici sono suggerite dalle società scientifiche sponsorizzate dalle aziende farmaceutiche. Lo dicono Lancet, British Medical Journal, le più importanti riviste scientifiche. Un esempio dell’effetto: le Linee guida vogliono portare il colesterolo LDL al di sotto di 70, impossibile con gli attuali farmaci e allora le aziende hanno impostato delle terapie biologiche con anticorpi monoclonali che costano fino a 24mila euro l’anno.

Il sistema a prestazione induce bisogni. Mi dicono che ho il colesterolo troppo alto, io mi curo e qualcuno ci guadagna. Noi vogliamo che questi bisogni non vengano indotti e si inizi a lavorare seriamente sulla promozione della salute, quindi prima che il colesterolo si alzi. Uno stile di vita sano è alla base di una longevità sana. La Regione potrebbe da subito avviare una sperimentazione: leghiamo la remunerazione alla salute della comunità, misurando la salute con il criterio della longevità sana. In un contesto di promozione di stili di vita sani le probabilità di ammalarsi sono più basse, riuscendo a creare comunità sane si camperebbe più a lungo e in salute consumando meno farmaci. Remunerare nel servizio sanitario in base alla capacità di far campare più a lungo e in salute i cittadini sarebbe una rivoluzione.

ANDREA QUARTINI

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DI SEGUITO L’INTERO DISCORSO PRONUNCIATO DA ANDREA

Presidente, Assessore, Colleghi, abbiamo ascoltato con attenzione la comunicazione in merito alle risorse di bilancio (sanità ndr). Riteniamo la comunicazione, per quanto doverosa, viste le segnalazioni allarmanti della stampa, ancora una volta insufficiente a chiarire la politica sanitaria del governo della nostra regione, che si limita, come a luglio scorso, ad descrizioni burocratico-amministrative, alchimie contabili, e, sostenendo l’ineluttabile crescita della spesa farmaceutica, non entra in merito ai reali problemi che incidono sulla salute dei cittadini e sulla sostenibilità del servizio sanitario pubblico.

Dalla comunicazione, e successivamente, anche da altre fonti si evince che mancherebbero 60 milioni. Immaginiamo che si ricorrerà nuovamente, come a luglio scorso, a sostenere che il meccanismo del pay back coprirà questo scoperto di bilancio. Immaginiamo che il balletto delle cifre su questo tema, tra ricorsi e contenziosi con AIFA sul calcolo della cifra da riavere, rispetto alla spesa farmaceutica ormai fuori controllo (la nostra regione è la pecora nera nazionale!) andrà avanti anche negli anni a venire, in un clima di incertezze che bene non fa al SSR. Continuare a ragionare in questi termini significa continuare a lavorare sugli effetti e non sulle cause che generano il continuo aumento dei costi della sanità.

Proviamo a farci una semplice domanda, ma che ha declinazioni molto complesse: davvero è ineluttabile il progredire della spesa farmaceutica?

Il tema che dovremmo affrontare seriamente è quello del rapporto ambivalente, contraddittorio, con troppi rischi di conflitto di interessi che soggiacciono al binomio: salute – sanità!

Quante volte abbiamo parlato di prevenzione dalle malattie? Quante volte abbiamo parlato di promozione della salute, di educazione alla salute, di protezione della salute? E quante volte ci siamo detti che si tratta di un lavoro che richiede tempi lunghi, che richiede presenza e coinvolgimento partecipativo delle comunità oltreché della attivazione di reti sociali formali e informali?

Ebbene chi amministra questa regione, l’attuale PD, in continuità con DS, PDS, PCI ha avuto, in 40 anni ininterrotti di governo, tutto il tempo necessario per sviluppare azioni virtuose nella direzione della salute e tuttavia oggi siamo ancora una volta a ragionare sui costi della sanità, sul rischio di un bilancio negativo, sulla mancanza di risorse finanziarie, sulla sostenibilità di un SSR sempre più in bilico, incapace, da un lato, di rispondere ai bisogni di promozione e protezione della salute (si impegnano pochissime risorse in prevenzione, meno del 5% della spesa totale; per non parlare delle politiche ecologiche che comportano disastri ambientali sempre più gravi: un esempio per tutti: la piana fiorentina è l’area più inquinata d’Europa insieme alla Val Padana e ci si vogliono realizzare inceneritori e nuovi aeroporti!), ma anche incapace di rispondere alla domanda di cura da parte dei cittadini.

Ebbene, invece di intervenire su questi temi, mantenendo un sistema sanitario sbilanciato sulle cure, invece che sulla prevenzione, la soluzione alla sostenibilità del sistema che avete ipotizzato è stato lo smantellamento del SSR, iniziato con la ex-legge 28, legge politica, sulla quale, vogliamo ricordarlo, da falsi democratici, vi siete negati ad un confronto referendario. Questo smantellamento sta procedendo come non mai: ne se sono esempio sperimentato:

  • gli ospedali costruiti con lo sciagurato Project financing, basati su un modello industriale, concepito per le automobili e non per gli umani, che visto la drastica riduzione di posti-letto, taglio di servizi e di personale, stanno implodendo, congestionati da richieste che il territorio non è in grado di gestire, anch’esso a corto di personale e di strutturazione adeguata;
  • le liste d’attesa che sono in continuo aumento (nonostante le costose convenzioni con il privato, che peraltro è facilmente dimostrabile che sarebbe molto più conveniente se quelle attività fossero reinternalizzate!);
  • i ticket sanitari, nati per implementare l’appropriatezza sono uno dei balzelli più alti che i cittadini toscani pagano e odiano, come sovrattassa alla fiscalità generale, con cui il sistema si dovrebbe finanziare;
  • la tendenza alla privatizzazione del sistema è evidente con il 75.9% delle famiglie toscane che ha dovuto sostenere spese sanitarie private; con il 6.6% dei toscani che ha rinunciato a curarsi per ragioni economiche nel 2014 (quarto peggior risultato nazionale); tra chi rinuncia alle cure e impoverimento a causa di spese sanitarie private la Toscana conta ben il 7.7% di disagio economico per spese sanitarie;
  • Secondo gli Indici di Performance Sanitaria di Demoskopika la nostra regione si trova tra le regioni “influenzate”, quindi non sana, tutt’altro che eccellente, nonostante l’abuso che fate di questo temine.

Nella comunicazione l’assessora afferma che in relazione alla necessità di contenere la spesa e non minare l’equilibrio economico del SSR ha richiamato le direzioni aziendali affinché adottassero misure necessarie alla dinamica della spesa farmaceutica (capitolo più critico in termini di costi); “ciò in ogni caso garantendo comunque adeguati livelli di assistenza ai cittadini”; ma dimentica di dire che vi sono state sofferenze anche nel reperire garze e flebo, con spostamenti “strategici” di interveti chirurgici, su cui siamo ancora in attesa di risposte alle nostre interrogazioni.

L’assessora afferma inoltre, suo malgrado che la sperata razionalizzazione dei costi, che altro non è che un razionamento, un’austerity dei diritti alla cura, desiderata dalla controriforma sanitaria, tarderà a venire. Del resto le evidenze scientifiche, vogliamo ricordarlo, suggeriscono che gli accorpamenti voluti, non solo generano numerosi disservizi, ma non generano nemmeno virtuosità contabili.

Visto che si tenta ancora una volta di dimostrare la bontà della scelta di questa amministrazione nel processo degli accorpamenti aziendali (tra breve ci troveremo a dover affrontare lo spinoso problema degli accorpamenti delle zone-distretto, secondo triste capitolo della riforma cangurizzata a dicembre 2015), voglio riportare alcuni studi recenti sul tema:

Si tratta di evidenze analizzate che provengono da tre studi, uno inglese (di tipo longitudinale su 102 accorpamenti ospedalieri), uno statunitense (di tipo trasversale su 140 accorpamenti ospedalieri) e uno studio trasversale, che considera 152 Primary Care Trust, che si riferisce al rapporto tra popolazione servita e performance delle organizzazioni di assistenza primaria. Questi studi dimostrano la sostanziale inutilità degli accorpamenti sia in termini di costi, che in termini di esiti clinici. Non migliora la mortalità per infarto, non migliorano le dimissioni entro 48 ore dei nuovi nati, aumentano la mortalità per ictus e le riammissioni ospedaliere a 28 e 90 giorni… i tempi e le liste di attesa di durata superiore a 180 giorni e la percentuale di spesa per il management e la percentuale di spesa del personale a tempo determinato sono incrementate dopo l’accorpamento.

Infine dallo studio che riguardo l’assistenza primaria (per dare un contributo anche alla questione dell’accorpamento delle zone-distretto) non emerge alcun risultato statisticamente significativo tra strutture accorpate e non per quanto riguarda efficacia clinica, efficacia preventiva, esperienza del paziente, accessibilità, performance finanziaria e coinvolgimento dei dipendenti.

All’inizio di questo intervento sottolineavo con forza il vecchio slogan: “prevenire è meglio che curare”! Ma per chi? Naturalmente per i cittadini! Naturalmente per la sostenibilità del SSR! Sicuramente non lo è più per chi fa profitto sulle malattie, che anzi ha tutto l’interesse ad ampliare l’offerta specialmente con farmaci o con procedure tecnologiche sempre più costose, oltreché a generare rischi di sovra-diagnosi per alcune malattie cosiddette “indolenti”. Credo che sia doveroso ricordare che per lo più i cosiddetti farmaci innovativi non aggiungono quasi niente ai presidi terapeutici precedenti, e che il 50% degli studi sui farmaci non sono resi disponibili e accessibili, neanche ai medici, in quanto secretati dalle aziende, così come non c’è trasparenza sui contratti che AIFA conclude con le aziende farmaceutiche…

Pagare a prestazione, a farmaco assunto, a esame effettuato ha introdotto evidenti conflitti di interesse, amplificando a dismisura i costi, rendendo molto più conveniente la malattia rispetto alla salute.

La regione Toscana che cosa ha fatto in 40 anni di governi gestiti sempre dalla stessa forza politica su temi scottanti come il disease mongering e sull’induzione di bisogni di cure sempre costose (per esempio terapie biologiche per abbassare ulteriormente il colesterolo, quando esistono stili di vita da promuovere che sono anche più efficaci delle terapie farmacologiche; questo tema è vero anche per le discutibili azioni di propaganda sull’Alzheimer, che non sembra affatto vero che sia in aumento), fosse anche solo sul piano culturale?

Ancora oggi, nella patria dei colossi farmaceutici, come Glaxo o Menarini, chi si vuole formare su questo tema è costretto a riferirsi ad agenzie esterne (nonostante la presenza di agenzie interne come la stessa ARS o il MeS), come la Cochrane Library o Allineare sanità o Slow-medicine o lo stesso Gimbe.

Con politiche serie su questi temi il risparmio sui costi dei farmaci sarebbe assolutamente prevedibile e significativo, e ci si guadagnerebbe in salute!

Vedete, la società, i cittadini, le comunità sostengono il SSN con le tasse perché si aspettano salute, longevità sana, di aver sollievo dal dolore e rassicurazione dalla paura, a costi sostenibili… Allora come si potrebbe intervenire per incoraggiare a far lavorare la politica e i sanitari per la salute, perché si persegua con coerenza e costanza la longevità sana degli assistiti e la salute della Comunità?

Noi riteniamo che si debba cambiare radicalmente paradigma, cominciando ad elaborare e attuare sperimentazioni che ribilancino la ripartizione del fondo sanitario premiando in base alla salute prodotta e non alle prestazioni fornite. Mantenere un sistema che rende conveniente la malattia e non la salute amplificherà i costi all’infinito e non migliorerà la salute della comunità.

ANDREA QUARTINI